PUNTO DI INTERESSE 5 B | FORNACE PINI GRANDE

PUNTO DI INTERESSE 5 B | FORNACE PINI GRANDE

La fornace di calce dei Pini Grandi sopra Cavoli

Lungo tutta la costa elbana, ma a volte anche in località più interne, nei luoghi dove erano presenti affioramenti di rocce calcaree, sin dalle epoche antiche furono realizzate numerose fornaci per la produzione della calce. Si trattava di grandi strutture per ottenere, tramite la cottura della pietra, la calce utilizzata per le attività edilizie, per la saldatura delle pietre da costruzione e per intonacare gli edifici.

La loro forma era caratterizzata da una struttura cilindrica realizzata con pietra resistente al calore, rinforzata con una camicia interna di blocchi cementati con argilla, con un'apertura superiore, o camino, per il carico della pietra calcarea e una bocca, nella parte inferiore che serviva dapprima ad inserire le tante fascine necessarie all'alimentazione del fuoco per la cottura del calcare e successivamente, alla fine del processo, per estrarre la calce prodotta. Spesso la struttura cilindrica era incassata in un terrapieno, facilitando le operazioni di carico del calcare dall'alto e per mantenere il calore nella fornace. La muraglia interna della costruzione era inoltre plasmata di terra refrattaria.

La pietra calcarea da trasformare era disposta sapientemente in circolo all'interno della fornace, appoggiandola alla parete della struttura, fatta eccezione per quella porzione corrispondente alla bocca. Sempre con l'attento posizionamento delle pietre da cuocere si realizzava una camera di combustione con cupola interna con un'altezza di un metro e mezzo dalla base, completando il riempimento della fornace fino alla sommità.

Nella camera di combustione venivano messe le fascine di legna per l'accensione per un processo di cottura che poteva durare dai 7 ai 10 giorni, fino a impiegare sei-settemila fastelli. Il riscaldamento del forno doveva essere lento e progressivo per evitare l'annerimento della pietre e che la parte interna del calcare rimanesse crudo. Nella trasformazione si superavano i mille gradi di temperatura e quando finalmente dall'alto apparivano fiammelle azzurre significava che la pietra aveva raggiunto la sua cottura. La calce viva così prodotta era estratta sotto forma di polvere o ancora con la sua struttura solida, seppur fortemente degradata chimicamente, per essere trasportata e successivamente "spenta" con l'acqua sui cantieri di impiego.

(Antonello Marchese)