
La lavanda nella tradizione etnobotanica
Il nome delle Lavande deriva dal latino, dal gerundio del verbo lavare, alludendo al fatto che queste piante fossero impiegate in attività legate al lavaggio e detersione.
La lavanda selvatica, conosciuta all'Elba col nome vernacolare di Isapo, è oggi sicuramente meno utilizzata dal punto di vista agrario rispetto alla specie L.officinalis che invece viene ampiamente coltivata per i suoi vari impieghi, soprattutto in profumeria e farmacia.
La letteratura (cfr le Schede del Percorso Etnobotanico di Capraia in www.islepark.it) ci parla comunque degli usi tradizionali anche per la Stecade (L. Stoechas), in impieghi officinali con l'utilizzo delle foglie e fiori essiccati in decotto per la loro azione digestiva e antispasmodica. Ancora le sommità fiorite sono utilizzate nella medicina popolare per l'azione antisettica legata all'olio essenziale, ricco di canfora e fenchione. In cosmesi il macerato delle gemme in olio d'oliva viene applicato sulla pelle come antiseborroico. I sacchettini in garza di cotone contenenti i fiori o altre parti della pianta sono utilizzati nell'acqua della vasca da bagno per profumarla e per avere un'azione disinfettante e tonica della pelle. Come non ricordare il classico uso domestico con i fiori essiccati e inseriti in sacchettini per profumare gli armadi e gli indumenti insieme alla sua funzione antitarma.
E' pianta ricca di nettare, frequentata dalle api per la produzione di un eccellente miele.
Oggi la L. Stoechas è sempre più usata in giardinaggio per la sua natura abbastanza rustica soprattutto nei climi miti e per la sua bella fioritura che anticipa quella della L.officinalis, già molto diffusa nella tradizione vivaistica: inoltre i suoi fiori di un colore tra il viola e il porpora aggiungono una diversa tonalità ai nostri spazi verdi dandoci la possibilità di avere un terrazzo o un giardino fiorito e colorato impiegando un'essenza locale senza dover ricorrere a piante più esotiche.
(Antonello Marchese)