PUNTO DI INTERESSE 3 E | VITICOLTURA EROICA POMONTE

PUNTO DI INTERESSE 3 E | VITICOLTURA EROICA POMONTE

La viticoltura eroica nella valli di Chiessi e Pomonte

Nel 1931 lo scrittore Pietro Pancrazi descriveva descriveva l'arrivo del battello postale ai piedi della valle di Pomonte che appariva come una ridente vallata produttiva, con frotte di asinelli che scendevano al trotto dalla montagna portando all'imbarco i prodotti agricoli. L'aspetto dei fianchi del Capanne attraversato dal corso d'acqua che scende dal rilievo dovevano apparire diversi dalla visione attuale dove è la macchia mediterranea ad ammantare i pendii: il luogo doveva sembrare come un vasto anfiteatro delineato dalle fila dei terrazzamenti e caratterizzato dalla precisione dei sentieri e scalette per raggiungerli, con le migliaia di canne e calocchie di erica che sostenevano le piante di vite, dal livello del mare fino a quasi cinquecento metri di altezza, creando uno scenario idilliaco, un vero e proprio santuario enologico costruito in secoli di viticoltura eroica.

Le coltivazioni realizzate su muretti a secco iniziavano dal paese per salire progressivamente in brevi tratti lineari, altre erano inserite, quasi incastonate tra i grossi massi su quel terreno che era chiamato scaldeto, un fondo molto roccioso che assorbe il calore solare. Simili erano i terrazzamenti sui fianchi dei rilievi intorno a Chiessi, che risalivano il monte fin sotto il Colle di San Bartolomeo o a raggiungere il colle del Capo. I filari erano fitti con una distanza di 80 - 100 cm e le viti distavano 30 - 40 cm l'una dall'altra a riempire ogni spazio fruibile, con i tralci e i grappoli a volte direttamente appoggiati sui massi roventi presenti nei vigneti. Ormai possiamo solo immaginare quel paesaggio prima della vendemmia quando le viti portavano grandi grappoli di Biancone dal colore luminoso, di Procanico di un giallo oro e l'Aleatico dagli acini neri o di un intenso blu - vermiglio.

èIl lavoro sui terrazzamenti era duro perché fatto tutto a braccia, senza contare l'impegno fisico per salire quotidianamente alle vigne situate alle quote più elevate. In questi vigneti più alti erano situati i magazzini, piccoli casotti che servivano al ricovero degli attrezzi. Al loro interno erano anche i palmenti, vasche idonee alla pigiatura dell'uva, effettuata direttamente sul campo, e a volte anche caminetti, per il rifugio giornaliero, per fermarsi a mangiare al caldo o ogni tanto anche a dormire. Dai quei rifugi montani il vino sarebbe stato poi portato a valle con degli otri di pelle collocati sul dorso degli asini.

(Antonello Marchese)